Bilancio di tre mesi di "Plastic radar": migliaia di cittadini hanno mostrato via WhatsApp i rifiuti in mare o in spiaggia: il 91 % è monouso.
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I USIAMO per un solo minuto ma se mal gestiti potrebbero rimanere nell'ambiente perfino per secoli. E il problema, dice un nuovo report di Greenpeace, è che sono gli oggetti più comuni ritrovati fra le spiagge e i mari italiani: il 91% dei prodotti di plastica recuperati quest'estate era infatti ``usa e getta``. A raccontarcelo sono gli stessi cittadini che durante un periodo di tre mesi hanno partecipato al progetto ``Plastic Radar`` di Greenpeace, ora concluso: erano stati invitati a segnalare via WhatsApp, con foto e posizione, i rifiuti di plastica lungo gli arenili.</p>
<p>``La risposta è stata un successo`` dice Giuseppe Ungherese responsabile campagna Inquinamento dell'associazione: `` Oltre 6.800 segnalazioni da tutto lo Stivale, la maggior parte dall'Adriatico``. Più di tremila persone hanno usato lo smartphone contro il degrado. Aiutando Greenpeace non solo a ripulire ma anche a tracciare un quadro abbastanza ampio, anche se privo di un vero valore scientifico, sul tipo di inquinanti nelle nostre acque.<br />
Il dato più preoccupante riguarda proprio l'abuso enorme di ``usa e getta``, dalle bottigliette di plastica che rappresentano più di un quarto degli oggetti ritrovati, passando per confezioni alimentari (9%) sino ai classici sacchetti (4%). Una singola bottiglietta utilizzata per bere pochi sorsi può rimanere nell'oceano anche 450 anni. ``Il problema - commenta Ungherese - è che spesso abbiamo pochissime alternative a questi prodotti. Noi siamo per una riduzione della plastica in commercio e invitiamo le aziende a fare la loro parte. È un materiale importante, ma per la sua durevolezza dobbiamo ripensarne la gestione``.